Pillole di cultura finanziaria

Spunti per informarsi, capire e acquisire coscienza delle proprie scelte in campo finanziario.

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giovedì 20 maggio 2010

I CDS cosa sono? Meglio non usarli... nudi!

Buongiorno,

in questa occasione vorremmo parlare di uno strumento di cui probabilmente i più attenti avranno letto o sentito parlare sovente negli ultimi tempi sia sui quotidiani che in televisione: i CDS o Credit Default Swap.

Come sempre cercheremo di farlo in modo estremamente semplice con l’obbiettivo di permettere ai nostri lettori di capire cosa sono, le loro principali caratteristiche e quanto sia importante averne una minima conoscenza viste le conseguenze che possono avere sui nostri risparmi. Infine capiremo perché sono pericolosissimi soprattutto quando sono… nudi.

I CDS innanzitutto appartengono alla grande famiglia dei derivati. Un derivato è uno strumento finanziario (sovente complesso) il cui prezzo non ha “vita propria” intesa come creazione diretta di valore, ma oscilla in base a quello un altro parametro di riferimento (il petrolio, una valuta, un titolo ecc.). Sono stati creati come strumenti di copertura del rischio ma possono (come vedremo) anche essere utilizzati con fini speculativi. Per capire partiamo proprio dai nostri CDS. Occorre premettere che NON sono disponibili per il piccolo medio o grande risparmiatore. Infatti per dimensione dei contratti trattati (minimo 10 mln di USD a contratto) e per tipologia di mercato (trattativa diretta e fuori da qualunque mercato regolamentato) sono riservati esclusivamente a investitori istituzionali.

Un CDS corrisponde con buona approssimazione concettuale a una assicurazione di responsabilità civile (o danni). Infatti, se ad esempio una persona si vuole tutelare dal danno relativo all’incendio della propria abitazione, sottoscriverà una polizza con una compagnia assicurativa. In questo modo, a fronte del pagamento di un costo certo (il premio) il rischio relativo all’incendio sarà trasferito dal contraente alla compagnia assicurativa.

Quindi i CDS sulle emissioni degli Stati Sovrani copriranno chi li sottoscrive dalla loro possibile insolvenza. Se ad esempio un gestore decide di comprare obbligazioni Islandesi si copre (hedging) sul rischio insolvenza di quel paese sottoscrivendo il relativo CDS se riesce a spuntare un prezzo che ritiene equo. Teoricamente, se poi l’Islanda dovesse andare in default il gestore è tutelato. TEORICAMENTE.

Ma chi stabilisce il prezzo di questa copertura? “Semplicemente” il mercato; quindi le due controparti contratteranno il prezzo fino a quando raggiungeranno un accordo per un importo che in quel momento ritengono corretto. Il vantaggio è quindi una estrema sensibilità al variare del rischio percepito dal mercato. Proprio la variazione dei prezzi di questa copertura insieme al confronto tra coperture simili (es. il prezzo dei CDS per la Germania vs quello per la Grecia) possono essere un ottimo strumento per valutare il rischio relativo all’oggetto della copertura. Ma NON SONO l’unico strumento e inoltre possono avere PARECCHIE CONTROINDICAZIONI.

Cerchiamo di valutarne i principali aspetti positivi e negativi:

1.    Sono uno strumento di copertura del rischio.
2.    Sono estremamente sensibili alla variazione del rischio (a volte e in certe condizioni molto più utili dei giudizi delle agenzie di rating).
3.    Possono avere sottostanti (oggetti della copertura del rischio) assai diversi e molto specializzati per settori, aree geografiche ecc.
4.    Possono essere sottoscritto con estrema (troppa?) facilità e rapidità visto che quasi sempre la trattativa avviene tra le controparti direttamente al telefono.

1.    Non sono certamente “lo strumento perfetto” (né l’unico) di valutazione del rischio, né quello di copertura dallo stesso.
2.    Non sono quotati su mercati ufficiali e questo è uno dei loro principali difetti a causa della mancanza assoluta di trasparenza.
3.    Vengono contrattati direttamente tra le parti in causa (vedi anche punto precedente) e non esiste una clearing house a tutela.
4.    Possono essere utilizzati in modo “esagerato” (concetto su cui si dovrebbe discutere a lungo) con ottica speculativa e quindi (ecco il vostro personale interesse) influenzare fortemente i mercati.
5.    Non sono praticamente soggetti ad alcun controllo normativo.
6.    Non è affatto detto che (anche alla luce dei punti precedenti) chi si assume il rischio sia poi in grado di onorare i suoi impegni. Questo è quanto (con sfumature e strumenti simili) ha pesantemente influenzato la crisi iniziata nel 2008. In molti casi c’era chi garantiva il garantito del garantito del garantito… e alla fine molti sono rimasti con il fiammifero in mano e ancora oggi ci sono banche che hanno “sotto il tappeto” titoli con fortissime perdite che neanche loro sono riuscite a valutare correttamente.

Altro aspetto GRAVISSIMO è il fatto che attualmente i CDS si possono sottoscrivere nudi. Cosa significa? Tornando all’esempio iniziale, significa che invece di assicurare la propria abitazione si decide di assicurare L’ABITAZIONE DEL VICINO!! Assicuro quindi qualcosa che in realtà non posseggo. E cos’altro potrebbe accadere? Che qualcun altro potrebbe seguire la stessa idea balzana fino a quando all’ultimo della compagnia potrebbe venire in mente di passare vicino alla casa con una scatola di fiammiferi in tasca…

A questo punto facciamo un esempio più reale: un Paese ha un livello di rischio che il mercato reputa “normale” e quindi i tassi dei suoi titoli di stato sono anch’essi a livello “normale” in quanto coerenti a quel livello di rischio. Poi un mattino viene pubblicata una notizia su quel Paese che fa presagire che i suoi conti non siano poi così “normali”. Quindi, di conseguenza, i CDS di quello Stato iniziano a salire di prezzo per riflettere l’evoluzione di una situazione che potrebbe deteriorarsi. Fino a questo punto i CDS sono utili perché esprimono immediatamente proprio il maggior rischio (ATTENZIONE: stiamo semplificando enormemente per aiutare chi ci legge a comprendere il concetto di base). Poi però la speculazioni comincia a “picchiare duro” e i CDS salgono ancora e di molto per esprimere un rischio che a questo punto POTREBBE anche non essere realmente così elevato proprio perché influenzato dalla speculazione. Qual è la conseguenza di questo ultimo passaggio? Che lo Stato oggetto di questo tiro al bersaglio, visto che viene considerato sempre meno solvibile dovrà pagare interessi sempre più elevati in una spirale che si autoalimenta fino a portare all’incapacità del Paese di onorare i suoi debiti in essere e/o di rifinanziarsi con l’emissione di nuove obbligazioni.

E’ in sostanza (e, lo ripetiamo, stiamo volutamente esprimendoci con grandissima approssimazione) proprio quanto sta avvenendo per alcuni paesi area UE in questi giorni.

Peraltro anche ma non solo per questi motivi.

Ecco perché quindi è importante avere un’idea di cosa siano i CDS e di come possano direttamente - positivamente o gravemente - impattare sui vostri portafogli.

Ultima considerazione personale: condividiamo (umilmente) i pareri di quegli economisti che sostengono che strumenti come i CDS (e i derivati) insieme alla speculazione non siano affatto da eliminare. Tuttavia sono giustamente da regolamentare. Ma questo è un altro difficilissimo quanto fondamentale problema da risolvere per i governanti mondiali.

Grazie per chi ha avuto la pazienza di seguirci fino in fondo a questa mail.

Elementi di finanza comportamentale. Chi scaglierebbe la prima pietra?


Buongiorno a tutti,

oggi affrontiamo quello che l’esperienza ha portato a valutare come uno dei rischi maggiori nella gestione di un patrimonio. Non si tratta di un rischio “tecnico”.

Parleremo inizialmente di “finanza comportamentale”.

In seconda battuta trarremo spunto dall’analisi dei documenti che troverete in allegato per fare alcune considerazioni anche sugli investimenti immobiliari. Che “devono” essere trattati tecnicamente come qualunque altra forma di investimento e che nella realtà questo non avviene quasi mai.

Partiamo da un semplicissimo grafico che ci fu donato parecchio tempo fa e che abbiamo tenuto nella nostra documentazione in quanto estremamente interessante ed istruttivo.

Non ci soffermiamo in spiegazioni, perché ci pare talmente immediato da renderle inutili. Come sempre, però, se ci fossero dubbi, basta inserire un commento e cercheremo di dare risposta prima possibile.

In questo documento viene evidenziato quanto è oggetto di studio della finanza comportamentale: la relazione tra andamento dei mercati ed il comportamento medio degli investitori.

Chi in tutta sincerità non si riconosce almeno in parte in quei dati? E’ normale che ciò accada perché le scelte operative sono quasi sempre frutto di comportamenti emotivi.

E purtroppo – sovente – l’emotività distrugge qualunque programmazione razionale, pianificata in tempi di mercati “normali”.

Quanti nel periodo ottobre-dicembre 2008 non hanno resistito e –  proprio sull’onda della finanza comportamentale – hanno liquidato i loro titoli nel momento peggiore? Probabilmente se avessero mantenuto sostanzialmente le loro posizioni, (facendo solo degli aggiustamenti parziali), le sofferenze sarebbero ora decisamente minori se non quasi del tutto recuperate.

Le oscillazioni, che possono assumere l’aspetto di rischi, ma anche di opportunità, e - qualunque ne sia la causa - ci saranno sempre. Per qualunque bene, materia prima o servizio. Altrimenti non esisterebbe il cosiddetto “premio per il rischio”. A diversi livelli di premi per il rischio – e quindi anche a diversi livelli di oscillazione - corrisponderanno il linea di massima diversi potenziali rendimenti.

Sarà quindi sempre più indispensabile gestire i propri patrimoni con una particolare attenzione ad attuare strategie finalizzate a ridurne gli effetti. Ne consegue che:
·    gestione del rischio,
·    supporto emotivo ai propri assistiti nelle fasi di crisi,
·    allocazione prudente delle risorse,
limiteranno consistentemente i problemi derivanti da scelte sbagliate legate proprio alla finanza comportamentale.

Una seconda considerazione: gli immobili rendono sempre bene e non si perde mai. E’ sempre vero? Forse non sempre. O forse la spiegazione è un’altra.

Accade che chi acquista un immobile (magari in una pessima condizione di mercato, in quanto molto caro, come evidenziato nel primo cerchio azzurro a sinistra) non ha l’accortezza di verificare il suo valore (che motivo avrebbe?) per molti anni fino al momento in cui deciderà di venderlo. Si troverà quindi a valutare una crescita (“sicura” e “sempre in guadagno”) nel punto indicato nel secondo cerchio azzurro.

“Naturalmente” non avrà sofferto le oscillazione di prezzo, che nel tempo ci saranno comunque state solo per la loro mancata verifica. Questo problema è ancor più enfatizzato dal variare dell’orizzonte temporale tra i due punti cerchiati in azzurro.

Ma se per un banale trasferimento da una città ad un'altra o per un’imprevista necessità di liquidità avesse dovuto vendere la sua proprietà magari nel momento indicato nel cerchio rosso quale sarebbero state le conseguenze? Sono situazioni simili ad alcune malattie. Sono realmente percepite come rischio, ma appaiono  devastanti solo quando toccano la nostra famiglia.

E ancora: normalmente quando si assapora la soddisfazione di aver effettuato una vendita “con un ottimo guadagno” non si considerano alcuni aspetti:
·    Il prezzo di vendita è certo e determinato.
·    Quello di acquisto (non lo diventa) praticamente mai.
Quanti infatti prima di fare la differenza “prezzo di vendita – prezzo di acquisto” aggiungono alla cifra pagata al venditore i costi di: notaio, geometra, eventuali perizie, manutenzione ordinaria e straordinaria, mancati introiti da locatari morosi, tassazione, a volte spese legali, diminuzione del potere reale di acquisto etc.? A qualcuno è mai capitato?

La valutazione analitica di un investimento anche immobiliare (che deve sempre essere presente nel proprio patrimonio) è un’attività complessa e fondamentale nella programmazione della gestione della propria ricchezza.

Ecco quindi evidenziati i pericoli legati alla finanza comportamentale: sia che si tratti di titoli azionari sia che si tratti di immobili.

domenica 2 maggio 2010

Consulenza alle Poste

Oggi vorremmo focalizzare l'attenzione su di un concetto decisamente poco diffuso tra gli investitori: analizzare a fondo sempre e comunque ciò che ci viene proposto. Prima di apporre firme di cui pentirsi.
Accade infatti nella maggior parte dei casi, che il risparmiatore sottoscriva prodotti di cui non capisce il funzionamento o forse - più correttamente - di cui non gli viene spiegato il funzionamento in modo completo e dettagliato. Questo atteggiamento di passività deriva essenzialmente da due aspetti: la mancanza di un livello sufficiente di preparazione e la fiducia assoluta verso i propri interlocutori soprattutto quando sono radicatamente parte del conosciuto di un cliente. Occorre invece pretendere spiegazioni complete e dettagliate sulle proposte commerciali che ci vengono fatte. Inoltre non bisogna MAI sottoscrivere prodotti finanziari di cui non si sono capiti perfettamente: funzionamento, rischi, costi, aspetti positivi ma soprattutto negativi.
Potrà apparire banale (anche se l'esperienza dimostra il contrario!) ma è meglio perdere l'occasione (!) che ritrovarsi titolari di un contratto rischioso, oneroso, non funzionale alle proprie esigenze e magari vincolante per molti anni.
Risportiamo a titolo di esempio un articolo - come sempre utilissimo - tratto da Il Sole 24 ore del 07.02.09 in cui si evidenzia il livello di consulenza ricevuto sia in fase di collocamento iniziale, che di successiva assistenza di un acquirente di una polizza di tipo Index-Linked collocata da Poste Italiane. Crediamo che la lettura sia esaustiva in merito a quanto abbiamo argomentato in questo post.


sabato 1 maggio 2010

Deficit cognitivi.

Cominciamo i nostri interventi con il riferimento ad un interessantissimo articolo di Marco Liera su Il Sole 24 del 11.04.09 in risposta ad un'e-mail di un dipendente di un istituto di credito che lamenta l'atteggiamento delle banche.
Crediamo sia particolarmente rilevante il fatto che sovente le stesse guadagnino molto grazie all'ignoranze dei clienti. Il fatto di non avere (quasi mai) un livello minimo di cultura finanziaria, mette i risparmiatori in condizione di debolezza (anche a volte psicologica) nei confronti dei propri interlocutori e impedisce loro di analizzare con attenzione quanto viene loro proposto. L'invito - assolutamente corretto - è di iniziare ad apprendere gli elementi base della finanza e quindi di assumere una posizione non più passiva ma di coscienza delle proprie nozioni e quindi di cercare di valutare in modo oggettivo quanto viene proposto.